48 ore sul Golfo di Napoli: tre cose da fare
Torno da 48 ore sul Golfo di Napoli che mi sono parse un viaggio nel tempo lungo secoli e ho almeno tre cose da appuntare. Sebbene non fosse la mia prima volta in Campania, non mi ci ero mai avventurata in auto. Un’idea che, se all’inizio avevo ritenuto azzeccata, ben presto credo si sia rivelata – come dire – un po’ estrosa.
L’avventura è cominciata nel primo pomeriggio di un assolato venerdì di luglio per terminare la domenica all’ora di pranzo, destinazione Castellammare di Stabia. Napoli è rimasta fuori dal giro ma in compenso ci sono rientrate di passaggio Boscoreale, Torre Annunziata, Pompei, ponti, passaggi a livello e molte rotonde. Da Palma Campania a Castellammare solo 30 km lunghi circa tre quarti d’ora e per questo dobbiamo solo ringraziare il nostro navigatore di ultima generazione e il suo algoritmo intelligente!
1. Prendere la macchina anche solo per due giorni
Non sono stata io alla guida, per fortuna, ma ho intuito subito che l’idea della pianura salentina andava totalmente abbandonata. Sì, perché due giorni lungo il Golfo di Napoli vuol dire strade strette a doppio senso di marcia, salite e discese a gomito (che il centro di Matera a confronto è pianeggiante), scooter con quattro passeggeri tutti rigorosamente con il casco, macchine accese e bloccate per strada senza le quattro frecce, volanti della polizia ferme in curva, scooter capaci di schivare persino tiri di precisione a lunga distanza, parcheggi saturi dove lasci in sospeso la macchina e le chiavi, bibite in vendita allo svincolo della provinciale, persone che trasportano di tutto a tutte le età: buste delle spesa, borse da spiaggia, materassini e pasticcini indistintamente. Le precedenze, gli stop alle strisce pedonali, i cenni di ringraziamento, le indicazioni e i cartelli stradali appaiono lasciati al caso durante tutto questo tragitto che ha l’impressione di essere più un giro sul tagadà, che non il semplice collegamento tra l’autostrada e Castellammare.
E fare una sosta a Castellammare di Stabia
La mia capacità di trasformare in viaggio una banale trasferta di lavoro ha preso il sopravvento di nuovo e anche Castellammare è diventata un labirinto tutto da spulciare. Una città portuale molto viva, con una vista sul Golfo che “Pino Daniele scansati” e un lungomare brulicante di bagnanti. Un buon punto di partenza per visitare la città è Piazza Monumento, una delle piazze storiche della città. Dopo una visita alla villa Comunale, parco principale di Castellammare, continua salendo sulla Cassa armonica stabiese, un padiglione musicale con archetti e arabeschi a traforo che ha accolto nel corso del tempo musicisti e artisti di grande fama.
Prosegui verso Marina Grande, quartiere storico della città, sempre costeggiando il mare fino alla Piazza Orologio – chiamata da tutti così è facile intuire perché. Ti consiglio nel frattempo di alzare lo sguardo in alto: un castello fa capolino all’orizzonte. Un’antica fortificazione difensiva – da cui la città pare aver preso il nome – che nel corso dei secoli è stata prima soggetta alla dominazione spagnola e poi ceduta ad alcune famiglie nobili locali.
2. Scoprire l’arte pasticcera campana
Un crocevia di strade, popoli e storie imperdibile per il forestiero che da queste parti è spinto ad alzare al massimo la soglia dell’attenzione, per poi abbassarla repentinamente di fronte a Sua Maestà la pasticceria campana: una dose importante di zuccheri che sicuramente non passa inosservata allo stomaco di passaggio, anche solo per 48 ore. La graffa, la sfogliatella, o’ babbà: tutto è grande, ripieno e corposo senza mezze misure. Qui non c’è tempo di pensare. Le calorie vanno direttamente dalla bocca al miocardio e lo capisci non appena incappi per sbaglio in una graffa al cioccolato. La vita è fatta di effimeri attimi di piacere che sedimentano solo se passano dal cuore, e le calorie da queste parti facilitano il processo. Ti evito la mia esperienza in giro per il centro di Castellammare a chiedere quale fosse la pasticceria più buona e ti spoilero che quasi all’unanimità è stata decretata quella del bar Di Nocera, dove ti consiglio di pigliare una sfogliatella e un buon caffè ma dover averci soffiato su a lungo.
2. Adeguarsi alla lingua autoctona fin da subito
Superato il confine geografico che separa dalla Campania, ci si rende subito conto che nessuno ha intenzione di abbandonare la propria lingua a favore di quella nazionale. Qui si parla solo napoletano: con la lingua i gesti il volto e l’intonazione. E anche quando non si parla napoletano si parla sempre quello. Dalle limousine agghindate a festa ai cartelli scritti a penna, c’è l’opportunità di ritrarre in foto di tutto. “Si vende aria di mare a 10 euro” “Viagra per piante, ma attenzione solo per piante” “Ci occupiamo di lancio di colombe per cerimonie”.
L’interpretazione non sempre è facile, spesso chiede di mettere in discussione qualche certezza, di corrucciare la fronte o di scoppiare in una grassa risata. E da buona viaggiatrice ovviamente io non ho potuto far altro che rispondere, per tutto il tempo!