Una spremuta con Simone Perrone, in arte Blumosso
Giorni fa ho riaperto un bloc-notes del pc dove copio incollo link di articoli che mi sono piaciuti o su cui voglio ritornare, appunto titoli di libri in una lista che ho chiamato “Mai più senza”, scrivo pensieri random (come questo per esempio) che magari sono buoni a nulla nell’immediato ma che potrebbero rinverdire più in là. Dicevo, l’ho riaperto e ci ho ritrovato un pezzo de Linkiesta sull’aziendalese dal titolo “Rileggetevi ad alta voce: la scrittura è come la musica, una questione di ritmo”.
L’ho riletto con piacere e in una manciata di minuti ho passato in rassegna tanti pensieri sulla scrittura: dal tono di voce alla lingua gentile, dalle parole brutte che usiamo a quelle cui non facciamo mai caso. Un volo pindarico che è atterrato, come spesso mi accade, in un pensiero pop: perché se è vero che per tutti la scrittura dovrebbe essere musica bilanciata tra pause e ritmo, com’è realmente la scrittura per chi fa musica di professione?
Così ho scritto a Simone Perrone, in arte Blumosso, e abbiamo scambiato quattro simpatiche chiacchiere sulla sua scrittura: (indie) pop. Proprio come i miei pensieri. Leggendo l’intervista troverete qua e là l’abbreviazione ndb – nota della blogger – totalmente inventata da me, un espediente narrativo che aggiunge un pizzico della mia logorrea alla narrazione.
Chi è Blumosso?
Blumosso è Simone Perrone, classe ’87, cantautore nato e cresciuto in provincia di Lecce. Inizia ad avvicinarsi alla musica a soli 8 anni, studiando pianoforte. Scrive le sue prime canzoni a 15 anni ispirato dai grandi cantautori italiani e le canta a suo nome condividendo negli anni palchi importanti con artisti come Zucchero Fornaciari, Simone Cristicchi, Negramaro ed Elio e le storie tese. Dal 2016 in poi si avvicina a un tipo di scrittura più matura, che mescola le sonorità indie al cantautorato italiano moderno, e decide di abbandonare il suo nome per dar vita a Blumosso: pseudonimo con il quale nel 2018 pubblica un disco dal titolo “In un baule di personalità multiple”. “Quest’ultima canzone” è il nuovo singolo che uscirà venerdì 29 novembre dopo “Considerazioni sulla vita” uscito poco più di due mesi fa. Testi che verranno raccolti nel suo secondo album, in uscita per il 2020.
Intervista a Simone Perrone, in arte Blumosso
- Simo mi viene subito in mente una domanda a bruciapelo. Come mai hai utilizzato l’aggettivo “ultimo” nel titolo del tuo prossimo brano? Nell’ambito spaziale il termine indica la posizione più lontana rispetto a un punto di riferimento o ancora il posto finale in una successione cronologica. Richiama l’idea di periferia, lontananza, distacco. Da chi, da che cosa?
Che domanda difficile nella sua semplicità!
[ndb – Beh vabbè sono la maga delle domande difficili, dovresti saperlo Simo!]
Sebbene cerchi sempre di scegliere con accuratezza le parola da usare nelle mie canzoni, ci sono certe cose, certe scelte, che mi viene naturale fare, senza star lì a pensarci troppo su. Ora che ci penso, però, credo di aver utilizzato “ultima” semplicemente per indicare la temporalità del brano, che sarà la mia prossima, ultima canzone (di una lunga serie ovviamente), e poi anche perché, gira e rigira, in verità finisco sempre per parlare, in maniere diverse, della stessa cosa: il senso di prigione e libertà che dà l’amore. E per riallacciarmi alla tua domanda, sicuramente il brano richiama l’idea di lontananza e distacco da una persona che è stata, nel bene e nel male, importante.
- Da dove è nata l’idea di questa canzone?
La canzone nasce un pomeriggio, meno di un anno fa. Ero con Matteo Bemolle a casa sua [ndb – La band di Blumosso è composta da Matteo Bemolle alle tastiere, Roberto Fedele alla batteria, RafQu alle chitarre], tra noi c’è un continuo confronto, scambio di idee e consigli. A un certo punto mi fa: “dovresti scrivere una canzone che dice ti dedico una canzone anche se non te la meriti” e io: “scriviamola!”. Da lì è venuta fuori “Quest’ultima canzone”.
- Più in generale, come nascono le storie dei tuoi scritti?
Le mie canzoni nascono davvero da ogni cosa immaginabile: una parola o una frase che mi viene in mente, uno sguardo o un bacio tra due passanti, un volto incontrato per caso. Posso dire però che, la maggior parte delle volte, nascono per caso, o meglio quelle nate per caso sono le canzoni che mi hanno soddisfatto e che poi ho tenuto. Quasi sempre, quando mi son seduto di proposito al piano o ho preso la chitarra in mano per scrivere è venuto fuori qualcosa che poi, puntualmente, ho cestinato.
- Chi è il tuo pubblico? Pensa a una persona in carne e ossa, potresti descrivercela nel dettaglio: come si chiama, quanti anni ha, che lavoro fa, che interessi ha, che posti frequenta, che cosa pensa del mondo?
[ndb – grassa risata: cos’è la scrittura se non sai chi ti legge, chi ti ascolta?]
Marco, 22 anni, studente di economia, appassionato di chitarra e di film horror. “Che cazzo me ne frega del mondo, mi voglio ubriacare tutte le sere”
Lucia, 39 anni, infermiera, divoratrice di libri, amante dei ristoranti dove si mangia pesce crudo. “Voglio tornare ad avere 20 anni”
Massimiliano, 50 anni, cantautore incompreso e volontario, personalità borderline. “Andate tutti a fanculo”
Benedetta, 26 anni, laureata in lingue, attrice di teatro. “Perché mi hai ferito, non me lo meritavo”
- Nonostante io non sappia ovviamente cosa ci dirai nel tuo nuovo brano, provo a immaginare che si tratterà di una storia con finale aperto. Non solo perché ognuno ci potrà ficcare la sua storia in mezzo ma anche perché, come spesso accade nelle tue canzoni, immagino che ci sarà uno spiraglio di apertura, positività, speranza. La senti tua questa missione? Pensi che la scrittura nelle sue diverse forme debba avere quest’aspirazione?
Fare il cantautore, al pari del professore e del medico, è di per sé una missione.
[ndb – anche chi scrive di professione non sta messo meglio eh!]
Certamente il brano avrà un finale aperto e un messaggio positivo, ma come è mio uso fare sottolineerò che la positività viene da noi stessi, dal meglio che siamo in grado di tirar fuori durante o dopo un dolore. Il meglio viene dal nostro dentro, dalle nostre solitudine.
- Nelle tue canzoni c’è tanta quotidianità delle relazioni, ogni volta che le ascolto mi capita di pensare a delle cose – che poi cose non sono – a cui riesco a dedicare sempre meno tempo. Sono certa guardandomi intorno che si tratta di un problema diffuso: che equilibrio sei riuscito a trovare [ndb – se ci sei riuscito, bravo!] tra quello che scrivi e quello che vivi nella vita di tutti i giorni?
In teoria non ci sono riuscito. Nelle mie canzoni, è vero, c’è molto quotidiano, esperienze vissute veramente, speranze, dolori. Ma c’è anche tutto quello che non sono, nelle mie canzoni. Che avrei voluto essere, che non sono stato capace di fare o di dare.
- Ci dici perché dovremmo ascoltare “Quest’ultima canzone”? Dacci almeno tre buoni motivi. [ndb – che sei simpatico non vale! 😊]
- È la prima canzone con un ritmo allegro di Blumosso!
- Abbiamo tutti nel cuore una persona sulla cui faccia ci vediamo puntualmente un punto interrogativo, o il cui pensiero ci provoca nostalgia, rimorso, colpa. Questa è una canzone che si può dedicare a quella persona lì.
- Non sono simpatico, anzi io sono una persona antipatica, magari le canzoni che scrivo sono un tacito e velato tentativo di star simpatico a qualcuno. Ascoltatela che magari corro il rischio di starvi simpatico! 😊
- Oggi (32 anni, fine 2019, milioni di esperienze alle spalle) guardandoti per qualche istante indietro: con chi prenderesti una “Spremuta d’arancia a mezzogiorno”? [ndb -“Spremuta d’arancia a mezzogiorno” oltre a essere una bevanda che in genere in Italia non si prende a mezzogiorno, è anche il titolo del primo romanzo di Simone]
Mi verrebbe da rispondere con Barrassi, ma corro il rischio di essere scontato. Prenderei una spremuta d’arancia con chi sa stare in silenzio senza annoiarsi, con chi si può discutere di libri, con chi ama andare in bicicletta, con chi ha fame di sapere e con chi non guarda Uomini e Donne, il Grande Fratello, Temptation Island e il Tale e Quale Show.
Cose utili da sapere
Simone Perrone in arte Blumosso, se non si fosse capito, è anche un caro amico che conosco da oltre un decennio e che ha fatto della scrittura una lente privilegiata attraverso cui guardare la realtà. Oltre a scrivere canzoni, scrive anche romanzi perciò stay tuned perché nel 2020 ci presenterà anche la sua seconda creatura narrativa.
In ultimo volevo dirvi che nel caso vi foste innamorate/i di lui dopo quest’intervista non posso esservi d’aiuto con il numero di telefono per ovvi motivi di privacy, ma in compenso sappiate che lo potete stalkerare ovunque:
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Tutte le fighissime foto contenute in questo pezzo sono di Simone Perrone